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Direttiva Omnibus: cos’è e quali obblighi comporta per gli ecommerce
"Gli sconti sono un meccanismo potente nella persuasione dei consumatori all’acquisto. Proprio come, da sempre, i prezzi ridotti sono ancora vantaggiose che spingono ad acquistare, così da altrettanto tempo ci si interroga se i prezzi scontati siano realmente quello che sembrano. Certo di leve ce ne sono anche altre come sicuramente avrai letto nel nostro […]
Gli sconti sono un meccanismo potente nella persuasione dei consumatori all’acquisto. Proprio come, da sempre, i prezzi ridotti sono ancora vantaggiose che spingono ad acquistare, così da altrettanto tempo ci si interroga se i prezzi scontati siano realmente quello che sembrano.
Certo di leve ce ne sono anche altre come sicuramente avrai letto nel nostro articolo dedicato ai principi di persuasione di Cialdini, ma quante volte avete sentito la battuta : “Hanno raddoppiato i prezzi prima di dimezzarli”?
Ecco, il legislatore italiano ha recepito le preoccupazioni dell’Unione Europea e si è attivato per introdurre nuove misure a tutela della consapevolezza dei consumatori.
La Direttiva Omnibus prevede importanti obblighi in fatto di recensioni e modifiche di prezzo per ecommerce e siti web in genere. Vediamo nel dettaglio cosa comprende.
Cosa prevede la Direttiva Omnibus?
Il Decreto Legislativo di attuazione della Direttiva UE 2019/2161, noto come “Direttiva Omnibus”, è stato approvato dal Consiglio dei Ministri. Questo decreto introduce nuove norme per proteggere i consumatori dalle clausole vessatorie, dalle pratiche commerciali scorrette, dalla concorrenza sleale e dalle comunicazioni commerciali non veritiere.
Esso contempla una revisione delle sanzioni per armonizzare a livello europeo le misure a tutela dei consumatori e in base al modo con cui si stanno evolvendo i business il commercio online.
Informazioni sulla personalizzazione dei risultati
La direttiva prevede che, quando si fornisce agli utenti la possibilità di svolgere nel sito ricerca attraverso parole chiave, venga fornita agli utenti chiarimento sui criteri utilizzati per mostrare certi prodotti piuttosto che altri. Per esempio, si potrebbe indicare nei termini di vendita quali sono i criteri che portano certi prodotti a essere più visibili piuttosto che altri (come il prezzo inferiore o l’utilizzo di certi materiali).
Per quanto riguarda il prezzo, il sito dovrà indicare se sono stati messi a punto dei processi automatizzati per giungere al prezzo personalizzato fornito al cliente.
Bisogna tenere a mente comunque che la direttiva non si applica alla vendita B2B, quindi nelle vendite tra aziende, ma riguarda solamente le vendite verso i consumatori finali.
Attendibilità delle recensioni
Per quanto riguarda le recensioni, ad esempio, il portale deve indicare nelle condizioni di servizio se esse provengono da consumatori che hanno realmente acquistato il prodotto, e in che mondo ciò viene garantito.
Leggiamo infatti che:
“Se un professionista fornisce l’accesso alle recensioni dei consumatori sui prodotti, sono considerate rilevanti le informazioni che indicano se e in che modo il professionista garantisce che le recensioni pubblicate provengano da consumatori che hanno effettivamente acquistato o utilizzato il prodotto.”
Non si tratta quindi di un obbligo a fornire delle informazioni sempre e soltanto vere, ma del modo con cui il venditore assicura che le recensioni pubblicate provengano da una fonte che li ha realmente acquistati. Il sito deve indicare quindi se (e sottolineiamo, se) le recensioni provengono da reali clienti oppure se non è questo il caso. Se le recensioni sono verificate, bisogna riportare appunto che sono garantite in quanto tali. Da ciò deriva che la necessità di assicurarsi di rivolgersi a un servizio attendibile per quanto riguarda garantire l’attendibilità delle recensioni.
Lo scopo ultimo quindi è quello di mettere i consumatori al sicuro dalle false e ambigue recensioni, che possono spingere a compiere acquisti non motivati da reali informazioni veritiere. La Direttiva infatti considera le recensioni non autentiche alla stregua di pratiche commerciali scorrette, ed evitare di garantire la loro veridicità equivale a ingannare i consumatori.
Determinazione dei prezzi più bassi
Secondo quanto riporta la normativa, “Ogni annuncio di riduzione di prezzo indica il prezzo precedente applicato dal professionista per un determinato periodo di tempo prima dell’applicazione di tale riduzione.”
Per prezzo precedente si intende il prezzo più basso praticato dal professionista nei trenta giorni precedenti all’applicazione della riduzione di prezzo. Se, pertanto, viene effettuata una riduzione di prezzo, bisogna segnalare al consumatore il prezzo più basso praticato nei 30 giorni precedenti. Lo scopo è chiaramente quello di mettere i clienti al corrente della differenza tra il prezzo attuale – promosso come più vantaggioso – e quello del mese precedente, in modo da rendere chiaro a quanto ammonta il vantaggio.
Attenendosi a quanto stabilito dagli altri Paesi dell’Unione Europea, il legislatore italiano ha deciso che il periodo minimo di riferimento per l’individuazione del prezzo precedente dovrebbe essere di 30 giorni per mantenere coerenza e uniformità nella normativa del settore a livello europeo.
Addio false riduzioni di prezzo
Le false riduzioni di prezzo, oppure i cambi repentini tra un prezzo a un altro, possono trarre in inganno i consumatori spingendoli a credere di avere concluso un affare più vantaggioso di quanto non lo sia in realtà. Ancora una volta, la chiarezza delle informazioni, e assicurarsi che i clienti siano in grado di comprendere il reale significato di quanto viene loro proposto, sono cruciali nella comunicazione commerciale.
Tuttavia, da questa regola sono esclusi i prodotti agricoli e alimentari deperibili, siccome per loro stessa natura potrebbero essere inadatti alla vendita entro 30 giorni dalla raccolta, produzione e trasformazione. Questo parametro temporale quindi diventa difficilmente applicabile agli alimenti, che per loro stessa natura hanno delle caratteristiche differenti da quelle degli altri beni.
La Direttiva indica che i prodotti che vengono immessi nel mercato da meno di 30 giorni richiedono di indicare il periodo temporale al quale il prezzo fa riferimento. I prezzi di lancio, ai quali seguono annunci di aumenti di prezzo, non rientrano negli obblighi di adeguamento della DIrettiva.
Queste regole comunque non si applicano alle vendite sottocosto ma riguardano anche i prezzi esposti durante le vendite straordinarie.
Come adeguare l’ecommerce alla Direttiva Omnibus
L’articolo 17bis prevede che: “Nel caso in cui la riduzione di prezzo sia progressivamente aumentata, il comma 2 si applica alla prima riduzione di prezzo e, per le riduzioni successive, il prezzo precedente è il prezzo senza la riduzione anteriore alla prima applicazione della riduzione di prezzo.”
Esempio pratico sullo sconto
Facciamo un esempio pratico. Se nel corso di un mese il prezzo di un prodotto sale a 200 euro, poi scende a 180 euro, poi sale a 190 euro e poi scende a 186 euro, occorre mostrare il prezzo più basso tra quelli che si sono alternati nei 30 giorni precedenti, ovvero 180 euro.
Nell’ecommerce quindi deve essere riportato: “quando e se il prezzo è stato personalizzato sulla base di un processo decisionale automatizzato”, ovvero occorre informare il consumatore se i prezzi che appaiono sulla piattaforma sono il risultato di una attività di personalizzazione sulla base di una profilazione eseguita sulla base delle sue attività di navigazione.
Per adempiere a tale obbligo, è sufficiente riportarle nella pagina delle condizioni generali di vendita praticate il processo di elaborazione dei risultati effettuato.
In pratica, per adeguare il proprio sito web destinato alla vendita a quanto prevede la nuova legge, l’ecommerce deve inserire ulteriori informazioni nei suoi termini e condizioni di vendita. Oltre alle informazioni standard, il documento legale deve indicare ai consumatori che sul sito è possibile acquistare sia da professionisti che da altri consumatori. Nel caso in cui si acquisti da altri consumatori, è necessario spiegare che il diritto di recesso non si applica.
Inoltre, se nel sito è presente una funzione di ricerca dei venditori, è necessario spiegare ai consumatori quali criteri vengono utilizzati per fornire i risultati. Infine, le condizioni generali di vendita devono spiegare come vengono distribuiti i doveri tra l’ecommerce e il titolare del sito
Per quanto riguarda le recensioni, occorre implementare un tool esterno in grado di garantire la veridicità dei giudizi importati, ovvero riportare che, se esse vengono indicate come autentiche, ciò corrisponde alla verità.
Per quanto riguarda il diritto di recesso, bisogna spiegare al consumatore in maniera ancora più chiara di quanto non si facesse in passato che entro 14 giorni, se non viene praticato, esso viene perso.
Cosa si rischia se non ci si adegua alla Direttiva Omnibus
Ovviamente, sono state previste delle sanzioni per coloro che non si adeguano ai nuovi obblighi, che variano a seconda della gravità del comportamento, dell’entità delle violazioni, dei benefici economici conseguiti, di come l’azienda si muove per rimediare, ed eventuali condizioni peggiorative che si applicano al caso concreto.
Non conformarsi alla Direttiva Omnibus per quanto riguarda il sito web o l’e-commerce è considerata una pratica commerciale scorretta, quindi non deve essere presa sottogamba.
Ciò comporta il rischio di una multa fino a 10 milioni di euro per il sito web, come vediamo raddoppiata rispetto alla precedente massima di 5 milioni di euro.
E non finisce qui! I consumatori che subiscono danni da pratiche commerciali scorrette hanno diritto a richiedere al giudice ordinario di agire per ricevere dei rimborsi proporzionati ed effettivi e, dove possibile, la risoluzione del contratto o la riduzione del prezzo, in base alla natura della pratica commerciale sleale, del danno ricevuto e di altre eventuali circostanze attinenti.
Il mercato italiano sarà più trasparente da adesso in poi?
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